Analisi Pushover: parte I

Valutazione sismica mediante analisi pushover

Lo scopo di questo documento è quello di descrivere le procedure FEM e numeriche che si dovranno eseguire per effettuare la valutazione di vulnerabilità sismica delle strutture mediante l’analisi Pushover. Pur mantenendo un approccio trasversalmente valido per tutte le normative, in questo documento si adotteranno procedure scelte in accordo alle seguenti normative tecniche:

  • M. 14/01/2008 – Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (v. § 8)
  • Circolare 02/02/2009 n°617/C.S.LL.PP. – Circolare applicativa (v. § C8 e § C8A)

Normative internazionali di rilievo:

  • EN 1998-3:2005 – Eurocode 8 – Design of structures for earthquake resistance – Part 3: Assessment and retrofitting of buildings
  • FEMA 356 – Prestandard and Commentary for the Seismic Rehabilitation of Buildings
  • ASCE41-2013 – Seismic evaluation and retrofit of existing buildings

In linea generale si adotteranno le definizioni e l’impronta presente nel quadro normativo italiano ed europeo, tuttavia, è oramai consolidato l’utilizzo di normative di comprovata validità. L’autore ritiene che i migliori riferimenti teorici e normativi, al riguardo delle analisi pushover, siano contenuti nel documento noto come FEMA 356 e nel documento ASCE41-13. Entrambi questi documenti sono dedicati proprio alla valutazione ed al miglioramento degli edifici esistenti e si fondando sui concetti cardine del ragionamento: prestazione attesa, procedure analitiche adeguate al comportamento non lineare delle strutture soggette ad azione sismica, individuazione dei meccanismi di collasso.

E’ innegabile che la valutazione sismica delle strutture esistenti, dovendo ricorrere a metodi analitici “evoluti” ponga l’attenzione sui metodi di calcolo e di modellazione, tuttavia, pari livello di attenzione dovrà essere posto nei confronti dei meccanismi di danneggiamento e di collasso di elementi strutturali e non strutturali e di tutte le connessioni presenti all’interno della struttura. Se si vuole far sì che queste analisi possano essere considerate attendibili bisogna garantire un “principio di consistenza” sulle verifiche. Di seguito verrà posta spesso l’attenzione sul significato di questa definizione. 

Definizioni normative

In accordo alle NTC2008 con il termine “valutazione della sicurezza”, o semplicemente “valutazione”  è da intendersi un procedimento atto a stabilire se una struttura esistente è capace di portare le azioni, sia esse sismiche che statiche (con riferimento alle azioni gravitative od orizzontali ma non di natura inerziale) previste nelle NTC, o valutare l’entità massima di queste azioni sostenibili, con i margini di sicurezza definiti dai coefficienti parziali di sicurezza sulle azioni e sui materiali. Gli esiti delle verifiche contenute nella valutazione dovranno permettere di stabilire quali provvedimenti adottare per il miglioramento o l’adeguamento della struttura, o comunque, saranno da intendersi propedeutici per la scelta di questi interventi. Le norme tecniche stabiliscono le situazioni per cui è fatto obbligo di procedere a tali valutazioni, in particolare: riduzione evidente della capacità portante di una struttura, deformazioni anomale, lesioni, cedimenti, oppure, errori gravi di progettazione, cambi di destinazione d’uso con variazione significativa dei carichi, o classe d’uso della struttura, introduzione di nuovi elementi strutturali e non che interagiscono, anche solo in parte, con la struttura in essere e ne modifichino il comportamento statico o sismico. Analogamente alle necessità di valutazione, nelle NTC sono espressamente definite le necessità di intervento, principalmente qualora le valutazioni evidenzino deficit di sicurezza sugli occupanti. Tornando alla valutazione, è evidente che il grado d’incertezza dei risultati di questa, sia diverso, ma non necessariamente maggiore, di quello ricadente su strutture soggette a nuova progettazione. Su una struttura esistente, possono essere realizzate delle accurate prove in situ atte alla determinazione delle reali proprietà meccaniche dei materiali, che peraltro possono variare molto tra una zona ed un’altra della medesima, mentre nella progettazione ex novo, queste incertezze permangono. Da questo la necessità di introdurre fattori di sicurezza diversi, denominati fattori di confidenza, che sostituiscono, in alcuni casi, od affiancano in altri, i classici fattori di sicurezza parziali dei materiali.

Metodi di analisi e procedure di verifica

Le norme tecniche permettono sei diversi approcci numerici atti alla valutazione di strutture esistenti: statica e dinamica lineare con spettro elastico, statica e dinamica lineare con spettro di progetto, statica non lineare (pushover) e dinamica non lineare. Per ognuno di questi metodi, le NTC08 stabiliscono i limiti applicativi e ne definiscono le procedure di utilizzo.

Tabella 1: metodi di analisi numerica per la valutazione di vulnerabilità sismica

Com’è noto, nei metodi basati su analisi elastiche con spettro di progetto, vi è il limite concettuale di dover stimare gli effetti dissipativi della struttura, oggetto d’indagine, mediante il coefficiente noto come fattore di struttura, q. In questo coefficiente si vuole racchiudere la capacità che la struttura ha di incassare danno. Il danneggiamento strutturale, porta alla dissipazione energetica dell’azione sismica, quindi ad uno sconto delle forze di progetto. Maggiore sarà il danno sopportabile dalla struttura prima di raggiungere il collasso, maggiore sarà l’entità dello sconto delle forze. Il problema, ed il limite di queste analisi, sta nel dover “indovinare” questo fattore prima di effettuare le analisi. Le normative, tutte non solo quelle italiane o di stampo europeo, fissano questo fattore sulla base del sistema sismo resistente. Cosicché, come è noto, una struttura a telaio, sarà considerabile più duttile, di una a pareti, oppure, ancora di più di una torsio-flessibile definita anche a nucleo. Ma chi garantisce questo livello di duttilità? Come scritto precedentemente, il livello di duttilità è garantito dal rispetto del dettaglio strutturale: rapporti geometrici, rapporti di armatura flessionale, passo delle staffe, presenza delle staffe nei nodi o nei punti di maggiore danno, ma anche dalle sollecitazioni stesse, un elemento compresso avrà una duttilità minore dello stesso elemento scarico, oppure, da una progettazione che rispetti la gerarchia delle resistenze (formazione di cerniere plastiche su travi e pilastri, protezione alla rottura del taglio, connessioni sovra resistenti rispetto agli elementi connessi, ecc). Mentre in una struttura da realizzarsi ex novo è possibile, non solo conoscere, ma intervenire su questi fattori, in una struttura esistente, soggetta a valutazione, questi fattori possono essere solo misurati. Ecco che le normative, suggeriscono di tenere in conto di questi principi, adottando adeguate riduzioni del fattore q. Ma da un punto i vista ingegneristico, il termine adeguato valore, senza entrare nel merito del calcolo, è poco più di una mera raccomandazione. Le norme tecniche fissano i valori di q compresi tra 1.5 e 3, per una struttura esistenti. Indicano poi che nello scegliere questo valore si dovrà tenere in conto dello stato di compressione di pilastri e setti. Inoltre viene differenziato il fattore di struttura per meccanismi duttili e fragili. Com’è noto, infatti, le membrature non sono definibili aprioristicamente come duttili o fragili. Ma le membrature strutturali, come travi, pilastri e setti, sono considerabili duttili nei confronti di meccanismi presso-tenso-flessionali (verifiche PMM) e fragili per meccanismi di taglio. Quindi le NTC fissano il q compreso tra 1.5 e 3 per verifiche PMM e limitano ad 1.5 il valore per meccanismi di taglio.

Nell’analisi pushover, non vi è il problema della scelta aprioristica del fattore di struttura. In tale analisi si passano delle azioni via, via crescenti, non ponendo limiti all’entità (modulo) di queste azioni, ma fissando delle distribuzioni in altezza. In sostanza, essendo l’analisi pushover, un’analisi al passo, si fissa una distribuzione di forza in altezza (sui piani dell’edificio) e si incrementa (o decrementa) iterativamente questa forza, monitorando spostamenti e danno. Quindi l’analisi pushover non ha il limite concettuale/applicativo di dover conoscere le forze sismiche, prima di effettuare la verifica, ma ha però comunque un limite: conoscere la ripartizione di queste forze in altezza, ovvero, la distribuzione. Questo limite viene in parte superato adottando diverse distribuzioni, ma come vedremo è un limite su cui prima o poi dovremo fare i conti. Conoscere la distribuzione di forza vuol dire conoscere la risposta dinamica della struttura. Si fa notare che questo limite è comunque presente in tutti i metodi di analisi previsto, tranne in uno: l’analisi dinamica non lineare, unica vera analisi priva di limiti applicativi e teorici.

 

 

La risposta sismica delle strutture e comportamento non lineare

Le strutture non sono, normalmente, progettate per rimanere in campo elastico sotto forze orizzontali indotte dal sisma. A seguito di un’applicazione consistente di carico orizzontale, esse si danneggiano e rispondono fuori dal regime elastico. In riferimento alla Figura 1, si immagini di applicare ad incrementi (o decrementi) la forza orizzontale applicata su una struttura, si proceda per step. Questa curva, nota come diagramma Forza-Spostamento, se monitoriamo la forza al piede (taglio complessivo) e lo spostamento di un punto sommitale (punto di controllo) assume il comune nome di Curva di capacità. Nei primi passi di applicazione, di detta forza, la struttura, rimane in campo elastico, la pendenza di questo primo tratto è definita come rigidezza iniziale o rigidezza elastica. Tale rigidezza è quella che ha in assenza di danno. Aumentando le forze esterne, alcuni elementi cominciano a elasticizzarsi, si ha il raggiungimento del primo snervamento. La rigidezza, ovvero, la pendenza di questa curva, comincia a ridursi, seppur rimane un incrudimento (aumentano gli spostamenti, aumentando anche le entità delle forze applicate). Continuando ad aumentare, si arriva ad un livello di danneggiamento, per il quale, la curva assume una tangenza pseudo-orizzontale, si è in altri termini raggiunta la massima azione possibile, ovvero, la massima resistenza di forza. Si continua ancora a spinger, ma per definizione, avendo raggiunto la massima azione possibile, le forze esterne cominciano a ridursi. Lo spostamento aumenta. L’attenzione a questo punto è proprio su questo spostamento. Si arriverà ad un certo punto in cui si raggiungo i limiti di deformazione. Lo spostamento sommitale della struttura, ha causato il raggiungimento, in uno o più membrature della stessa di spostamenti e/o rotazioni limite. Queste deformazioni limiti si chiamano limiti di duttilità. Queste membrature vengono meno, si hanno collassi locali o rotture locali, si entra in quella fase nota come perdita di resistenza. La resistenza complessiva alle forze orizzontali si è oramai ridotta di molto, ma la struttura è ancora capace di portare carichi verticali. Si continua ancora a spingere, con una forza ancora più bassa, fino al collasso vero e proprio.

Quello che è qui descritto è il comportamento qualitativamente comune a tutte le strutture ed è riconoscibile mediante il tracciamento della curva di capacità: vero risultato dell’analisi pushover.

Figura 1: curva forza spostamento, curva di capacità

 

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